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Lilac Wine

IL TRATTO ASPRO DI JEFF

“I drink much more than I ought to drink because it brings me back you 

Per accompagnare l’ascolto dell’album (“Grace”) abbiamo scelto un Pinot Nero, nello specifico il Melag annata 2019, prodotto nei vitigni dell’Alto Adige. Gli odori della Regione si sentono tutti non appena si versa il vino nel calice, e vengono riconfermati al palato con uno spiccato sentore aspro di frutti di bosco che gli conferiscono al tempo stesso delle note dolci. 

Un vino complesso ed elegante, che non stanca nonostante i suoi 13,5%, e ce ne siamo accorti finendone una bottiglia a testa (quasi per la Fede…). 

Jeff è tutto questo, complesso ed elegante, e non ci stanca mai. 

L’album Grace non può essere inquadrato in un unico genere, per ottenere un risultato così eclettico servono svariati ingredienti. 

La base di tutto è del sano Hard Rock, mutuato dai Led Zeppelin che Jeff tanto amava e ascoltava, molto riconoscibile in brani come Mojo Pin e Eternal life (a noi è venuta subito in mente Whole lotta love). 

Questo viene sapientemente miscelato con un po’ di Progressive rock (influenze dei Pink Floyd e dei Genesis sono riconoscibili in brani come So Real e Dream Brother). Al tutto viene data una spolverata di pop per rendere il prodotto finale fruibile ai più. Last Goodbye è il brano decisamente più pop di tutto l’album, non uno dei nostri preferiti. 

Il tema di fondo dell’opera è l’Amore (e quando mai non è così?), infatti l’album è stato scritto da Jeff per l’attrice Rebecca Moore a seguito della fine della loro relazione. Nella maggior parte dei brani ci sono immagini di quello che avrebbe potuto essere un loro ricongiungimento, o delle elucubrazioni di Jeff sulla conclusione del loro rapporto.  

Il brano che dà il titolo all’album, Grace, è il sunto di quello che Buckley prova dopo aver perso l’amata, perdita di fronte alla quale l’artista è inerme. Si tratta di una situazione che Jeff non può far altro che accettare, così ineluttabile da essere paragonata al momento della morte, idea che di per sé non fa paura, è la sofferenza dello stillicidio, dei secondi che scorrono lenti a scandire l’accettazione della perdita/morte che intimorisce e strugge l’animo di Buckley: “I’m not afraid to go, but it goes so slow”. Abbiamo notato che nell’esecuzione di questo brano lo stile del cantato è a volte in contrasto con il messaggio trasmesso: quando Jeff racconta della sua “fading voice” lo fa in modo molto deciso, che si discosta decisamente dal concetto di “scomparsa”, e diventa molto dolce e quasi suadente quando scandisce le parole “wait in the fire”, che è la cosa che lo fa soffrire maggiormente, il tutto in un ossimoro espressivo spiazzante e allo stesso tempo emozionante. 

Nell’album sono presenti alcune cover, e la nostra preferita è decisamente Lilac wine. Non possiamo esimerci dal sottolineare come Jeff muti profondamente il proprio modo di cantare quando si tratta di cover. Nei suoi brani c’è abitualmente un climax ascendente, che culmina con un’esplosione, strumentale e/o vocale, in uno zenit quasi schizofrenico. Nelle cover (come Halleluja o Corpus Christi Carol) l’esecuzione è dolce e soffice: indossa forse una maschera? O è semplicemente più a suo agio e rilassato nell’interpretare testi altrui e conseguentemente per lui meno coinvolgenti dal punto di vista emotivo? 

In Lilac wine, ad esempio, Jeff mantiene un tono etereo, quasi onirico, per tutta l’esecuzione e questo nonostante il brano possa ben rappresentare aspetti tormentati della sua situazione di rottura con Rebecca. 

È un brano tratto dal musical Dance me a song degli anni ‘50, che porta l’interprete a rivolgersi al pubblico in maniera diretta, sfondando così da teatrante consumato la quarta parete: “Listen to me, I cannot see clearly Isn’t that she, coming to me nearly here?” 

Quasi certamente durante l’esecuzione Jeff si trovava in uno stato di alterazione maggiore del nostro che stiamo scrivendo questo articolo, nonostante la gradazione del Melag non scherzi affatto… 

Ci siamo dilungati fin troppo, e avremmo ancora così tanto da dire! Un album ricco di sfaccettature come questo non è semplice da racchiudere in un articolo, l’unico modo per poterlo davvero apprezzare è ascoltarlo, magari comodamente seduti sul divano con il vostro calice di Pinot Nero. 

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